«Anche il cielo protesta» dice una donna tunisina fradicia nel corteo. È venuto giù il diluvio universale, sulla marcia di apertura del Forum Sociale Mondiale di Tunisi. Il corteo è diventato un fiume di acqua e di persone, mille rivoli fino al Bardo. È finito in un grande abbraccio collettivo intorno all’edificio – slogan in tante lingue e l’inno della Tunisia a squarciagola. All’ingresso del museo uno striscione di benvenuto ai partecipanti al Forum. I media italiani chiedono come stanno reagendo i tunisini all’attentato. Vivendo la loro vita, rispondiamo, continuando a difendere con la partecipazione il diritto a costruire democrazia. E mettendo generosamente a disposizione i loro spazi democratici, conquistati con le unghie e i denti contro tanti nemici interni ed esterni, per rafforzare la società civile di tutta la regione e del mondo intero. Il giorno dopo torna a splendere il sole sul campus universitario Al Manara che apre le sue porte alle centinaia di assemblee, seminari, eventi culturali che sono nel programma.
Società civile provano ad approfittare al meglio di quello che il FSM
La decisione di passare al metal detector tutti i partecipanti viene sospesa dalle forze dell’ordine quando ci sono migliaia di persone in fila. E tutto torna normale. Che è l’unica maniera per vincere questa guerra: non far prevalere la paura. Migliaia di attivisti della società civile provano ad approfittare al meglio di quello che il FSM, dopo quattordici anni, continua ad offrire come occasione unica: l’incontro dei principali attori sociali di tutte le regioni del mondo.
C’è un interrogativo che corre lungo questo Forum, e che probabilmente sarà argomento di un grande incontro tematico l’anno prossimo. Il dominio neoliberista nel pianeta non accenna a perdere terreno. Diseguaglianza, sfruttamento degli umani e della natura avanzano ovunque nel pianeta – e ormaianche in Europa. Le alternative positive sono poche, e fragili. Nel Mediterraneo, solo la complessa transizione democratica tunisina e la difficile battaglia della Grecia – per il resto tanti disastri, e l’avanzata delle risposte orrende: violenza, oscurantismo, autoritarismo e non solo nel sud. Gli attori sociali democratici fanno quello che possono, per far crescere consapevolezza e partecipazione. È sufficiente? Come facciamo a cambiarlo almeno un po’, questo mondo impossibile? La soluzione non è facile trovarla, ma la domanda bisogna porsela. Una prima risposta che circola nel dibattito internazionale è: aumentare la convergenza. Superare la frammentazione, identificare i nodi comuni, costruire intorno ad essi un campo di forze più potente.
La bozza presentata prevede solo libero scambio, multinazionali, e privatizzazioni
Il primo dei nodi, per noi, si chiama Mediterraneo – che è il sud, ma anche la nostra Europa. L’Unione Europea a novembre varerà la revisione della Politica di Vicinato, che sancirà le linee guida della sua azione futura. La bozza presentata prevede solo libero scambio, multinazionali, privatizzazioni e chiusura delle frontiere contro i migranti.
Qui a Tunisi si lavora per costruire una coalizione ombrello, capace di raccogliere reti e piattaforme sui diversi aspetti della questione in una campagna unitaria. Alcuni dei leader della società civile tunisina saranno a Roma a metà aprile, per incontrare istituzioni e società civile. Noi diciamo che per combattere l’imbarbarimento ci vuole un New Deal nel Mediterraneo, che distribuisca ricchezze e produca dignità. Così ci salviamo insieme – Maghreb, Mashrek e noi europei. E intanto, il Primo Maggio, rispondendo all’impegno della Confederazione Europea dei Sindacati, andremo in tanti a
celebrarlo in Grecia. Si combatte per la democrazia e i diritti, sulle due sponde dello stesso mare.
Versione originale nelle Arcireport_n_11_-_2015, 19 marzo 2015